Schede degli spettacoli teatrali

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Studio per Orlando Furioso

Un “classico” di Scena Sintetica, molto rappresentato. Ritorna come eserciziario per gli attori più giovani della compagnia i quali “ruberanno” la parte agli attori “anziani” e con essa i segreti della interpretazione dei personaggi.

Rimbomba ancora nelle sale delle residenze estensi la risata sgraziata del cardinale Ippolito, nell’udire le “corbellerie” scritte da messer Lodovico Ariosto per dilettare le sue lunghe soste postprandiali. Altri tempi. Quelle “coselline” scritte in endecasillabi ordinati in strofe di otto versi, erano e sono ORLANDO FURIOSO (editio princeps, 1516).

– Qui ci vuole il nero!

(La voce di Guido viene da lontano, e s’insinua nei pensieri come quella dell’augure che soffia alle spalle dell’eroe nel delirio del trionfo: “memento mori)

Venti e più anni fa, nel prendere in mano il poema fluviale per farne una messa in scena, non ci venne però voglia di ridere: al contrario, fummo presi dallo scoramento.
Dover far cadere la scelta drammaturgica?

A scelta dei passi già fatta (il Castello di Atlante, La pazzia di Orlando, Astolfo sulla luna), alcuni approfondimenti sulla vita culturale in Italia tra quattrocento e cinquecento, funzionali alla composizione del contesto storico-letterario-sociale, “naturalmente” ci spinsero a ordinare nello spazio quelle ottave.

– Qui ci vuole il nero!

– Sì, però io ho bisogno di un mare, o almeno un fiume.

– Perché? 

– Perché la fantasia, l’immaginazione, è un mare in cui ci piove dentro. Lo dice Dante: Poi piovve dentro l’alta fantasia…

– Benissimo, vada per il mare…

Si leggeva Frances A. Yates L’arte della Memoria, Gli ultimi drammi di Shakespeare, Giordano Bruno e la tradizione ermetica. Poi si passava allo Spampanato, al Ciliberto, senza trascurare l’Aquilecchia fino ad approdare ai Dialoghi italiani di Bruno.
Flavio Guarneri, intanto, si aggirava nelle stanze della casa del poeta in san Mauro Pascoli, copiando dagli originali custoditi nelle bacheche versi inediti da seminare nei campi e nei padiglioni ariosteschi abbandonati dalla gente battezzata in fuga.

E poi all’improvviso, LA CENA DELLE CENERI, proemiale epistola:

“ (…) Ed ciò fa giusto come un pittore; al quale non basta far il semplice ritratto della historia; ma anco per epir il quadro, e conformarsi con l’arte e la natura,, vi depinge de le pietre,di monti, de li arbori, di fonti, di fiumi e di colline; e vi fa veder qua un regio palaggio, ivi una selva, là uno straccio di cielo, in quel canto un mezzo sol che nasce, e da passo in passo un ucello, un porco, un cervio, un asino, un cavallo: mentre basta di questo far vedere una testa, di quello un corno…di sorte checon maggopr satisfazione di chi remira e giudica viene ad istoriar, come dicono la figura.”

Eccola… La mia regia!

(Antonio Fuso – Direttore Artistico, Regista)

Prima rappresentazione:

1996

con in o.a.
Lorenzo Biggi, Elena Chiarini, (Paolo De Lucia), Paolo Djago, Georgie Evteev, Daniele Ghirardi, Federica Lancini, Armando Leopaldo, Domenica Lorini, Daniele Mozzoni, Tatiana Kachurina

dispositivo scenico e oggetti
Guido Uberti

musica
Giorgio Guerra

luci
Renato Rossi

drammaturgia
Flavio Guarneri e Antonio Fuso

regia
Antonio Fuso