Schede degli spettacoli teatrali

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Osip Mandel’stam: Gerundivo

(forma mediale del futuro passivo)

Operina radiofonica di Antonio Fuso

L’azione si svolge nella redazione della radio locale “GUL SLOVO I KULTURA” (rumori-parole e cultura) della città di Voronez , un popoloso capoluogo di provincia nella Russia Centrale a circa 1000 chilometri da Mosca. Siamo negli anni 60 del secolo scorso,da qualche anno è stato celebrato il XX Congresso del Partito Comunista Sovietico nel corso del quale Nikita Kruscev, segretario generale, ha rivelato al mondo l’orrore dell’arcipelago Gulag.

C’è fermento in redazione perché per festeggiare il nuovo corso l’assemblea dei giornalisti ha deciso di raccontare la vita e l’ opera di un poeta- internato, OSIP MANDEL’STAM, che negli anni trenta, essendo stato condannato al confino per aver svolto attività “controrivoluzionaria”, aveva scelto come località in cui scontare la pena, proprio Voronez. Per sopravvivere poi, aveva ottenuto una piccola collaborazione con l’emittente locale “Gul Slovo i Kultura”… Di Questo Osip Mandel’stam, nato a Varsavia “nella notte tra il 2 e il 3 gennaio del 1891” e “scomparso” in un campo di transito presso Vladivostok, presumibilmente nel 1938, si conosceva tutto fino alla fine degli anni venti, dopodiché le sue tracce si erano perse. Una notorietà e una fama pienamente meritate, guadagnate sul campo a suon di raccolte poetiche memorabili quali Kamen (pietra del 1911), Tristia (1918), saggi, prose poetiche, traduzioni… Ma, verso la fine degli anni venti cade in disgrazia per aver osato scrivere versi ironici sul sistema di governo staliniano. Nel 1934,viene condannato a 4 anni di confino da scontare a Voronez, come abbiamo visto. Ma quando la morsa del potere autocratico si fa intollerabile,quei versi diventano staffile e lama decretando così la conseguente reazione del dittatore che, è noto, di certe questioni amava occuparsene personalmente. A niente servono le perorazioni di funzionari di governo (Bucharin), appelli di intellettuali (Pasternak,Achnatova):nel 1938 dopo un processo-farsa con perizia psichiatrica esilarante (“… dichiara che l’imputato, in quanto malato di mente, è passibile di incriminazione…)viene condannato ai lavori forzati per “attività controrivoluzionaria” e destinato alla Kolima, il gulag di “non ritorno”. Le ultime notizie lo danno internato in un campo di transito nei pressi di Vladivostok. È il 12 ottobre 1938. Cala il sipario sulla sua vita.

Ma il ruolo più sorprendente di questa biografia è quello della giovane moglie del poeta, Nadezda Chazina, sposata nel 1919. Questa donna straordinaria appena capisce che tutto quello che il marito scrive gli si ritorce contro, impara a memoria tutte le poesie che il marito le detta dal 1930 in poi, e le pubblica trent’anni dopo, a Stalin morto, in due libri di memorie. Si può dire che l’Occidente abbia conosciuto l’opera di Mandel’stam solo grazie agli “inediti” versi trattenuti “par coeur” dalla vedova.

Qualche informazioni in più

OSIP MANDEL’STAM (1891-1938) poeta russo “scomparso” in un gulag durante le cosiddette “purghe staliniane”. La ricerca DI Scena Sintetica, cominciata nel giugno 2013, ha occupato due stagioni denominate TEMPO di POESIA. Due anni con il poeta, la sua biografia e la sua poesia, hanno permesso la realizzazione di tre impegnativi eventi spettacolari:

Tre drammaturgie esemplari di una certa maniera di mettere in scena la poesia legandola strettamente alla biografia dei poeti perché, come scrisse Paul Celan a conclusione di un dialogo radiofonico su Mandel’stam (del 1958, mai diffuso)” le poesie sono progetti esistenziali, il poeta vi modella la sua vita”.

1) OSIP MANDEL’STAM: GERUNDIVO (FORMA MEDIALE DEL FUTURO PASSIVO) operina radiofonica di Antonio Fuso che raccontava la vita di Osip, valorizzando la figura grandiosa della moglie Nadezda Chazina, che imparò a memoria tutte le poesie che il marito le dettava per poi riscriverle trent’anni dopo la sua scomparsa a Stalin morto.

2) STANCHEZZA E BRAMA DEL VOLO, spettacolare happening di Giovanni Marconi alle prese con una vasta piuma da dipingere mentre il coro degli attori e la minuscola orchestra gul slovo i kultura con gesti suoni e parole raccontavano del primo contatto del poeta russo con Dante e La Divina Commedia sul piano della predilezione condivisa per tutto ciò che conduce verso l’alto: gli angeli in Dante, l’ossessione acmeista in Mandel’stam. E intanto si diceva dell’amore di Mandelstam per la lingua di Dante che lo portò nel 1933 tra una fuga e un digiuno e un confino, a imparare la lingua italiana del 1300 comprese la prosodia e la metrica per leggere Dante in originale. Di questa passione per l’italiano, ci resta un prezioso saggio Conversazione su Dante la cui lettura ha prodotto:

3) ALL’INFERNO NON SI CANTA, seconda operina radiofonica di Antonio Fuso, cioè una lectura Dantis al lume di Mandel’stam. Scrive Brodskji : “Osip Mandel’stam è un Orfeo moderno; spedito all’inferno non fece più ritorno”. Dunque l’inferno del titolo è l’Inferno della Kolyma, cioè del gulag di non ritorno e l’orrore e gli orrori di tale condizione magistralmente resi da Varlam Salamov nel celebre I racconti della Kolyma. In esso uno dei racconti, Cherry- brandy, è un crudo ritratto di Mandel’stam nel campo d transito di Vladivostok in attesa di raggiungere l’inferno della Kolyma. Se nei gulag non si cantava, ancor meno lo si fa nell’Inferno dantesco dove regnano sovrani disperazione e dolore: “lasciate ogni speranza o voi chentrate…”. Ci vuole un’anima piena di gioia per intonare canti, essere innamorati ;come dice Agostino”cantare è proprio di chi ama”. In quest’ultimo capitolo, quindi,si riprende il racconto della vita di Mandel’stam dove lo avevamo lasciato, a Voronez, a più di mille chilometri da Mosca , dove sconta una condanna a 4 anni di confino per attività controrivoluzionaria. Lo ritroviamo quindi nella redazione della radio del luogo (da noi ribattezzata gul slovo i kultura) con la quale collabora in cambio di un tozzo di pane. Da lì in poi lo si accompagna verso la fine ricordando le ultime intensissime poesie, chiamando a testimoniare i compagni di sventura, sollecitando i ricordi della moglie a proposito del suo amore per la lingua italiana, scendendo all’Inferno, nel gulag con lui, entrando nel XXVI canto dell’Inferno, leggendolo con i suoi occhi… E poi,spingendo lo sguardo a fondo nella solitaria molteplicità delle stelle, quasi a scandagliare “i gioghi del cielo irresponsabile”, intorno al poeta morente abbiamo radunato testimoni d’eccezione: Maiakovskij, Pasternak, Esenin, Achmatova, Cvetaeva… e abbiamo chiesto loro di intonare il canto funebre, un compianto alla maniera antica, che fosse un monumento alla indispensabilità della poesia.

Chi è Osip Mandel’stam

Osip ‘Emil’evic Mandel’štam nasce nella notte tra il 2 e il 3 gennaio 1891, a Varsavia in una famiglia ebraica della media borghesia, che poco dopo si trasferirà a Pietroburgo. In un sobborgo della capitale M. trascorre l’infanzia e la prima giovinezza. Dal 1900 al 1907 frequenta l’Istituto Tenisev.
Dall’ottobre del 1907 all’estate del 1908 soggiorna a Parigi. Dall’autunno del 1909, per due semestri frequenta l’università di Heidelberg, occupandosi di linguistica romanza e di filosofia. Allaccia rapporti con i simbolisti russi. Nell’agosto del 1910 esordisce con cinque liriche sulle pagine della rivista “Apollon”. Nel maggio del 1911 si fa battezzare nella chiesa metodista di Vyborg, per potersi iscrivere alla facoltà di lettere dell’università di Pietroburgo. Aderisce alla “Gilda dei poeti” dando vita all’acmeismo ( dal greco akmé, vertice).

Nel 1913 pubblica la prima raccolta di versi, Kamen’, Pietra. Nel marzo del 1918 viene eletto, insieme a Majakovskij e Pasternak membro del circolo linguistico di Mosca. Cerca di sottrarsi ai disagi della guerra civile con sempre più numerose fughe a sud. A Kiev nel 1919 co- nosce Nadežda Chazina, che sarebbe divenuta poi sua moglie e sua compagna di traversie e tragedie. Nel gennaio del 1922 esce la sua seconda raccolta poetica, Tristia. Nel 1923, cade in disgrazia.

Comincia l’emarginazione, l’esilio in patria, una graduale opera di strangolamento. Cerca di resistere virando verso la prosa e la letteratura per l’infanzia. Vive dell’elemosina di amici e parenti, e di momentanee ospitalità or qua or là in luoghi geograficamente lontani. Nel 29 viene accusato di plagio perché in una edizione da lui curata del Till Eulenspiegel non figurava il nome dei due traduttori.
Una trappola, alla quale reagisce in forma violenta nel panphlet intitolato Quarta prosa, accusando i suoi colleghi scrittori di costringerlo al silenzio, perché giudeo.

Tace così la sua poesia per più di un quinquennio. Il 1933 sarà l’anno del grande risveglio con Viaggio in Armenia, e soprattutto Razgovor o Dante (Conversazione su Dante). Ma è anche l’anno della sua“condanna a morte”per“componimenti antisovietici”, per aver declamato, tra le altre, una sferzante poesia contro il re- gime. Dapprima tre anni d’esilio a Cerdyn dove tenta il suicidio e poi al confino, a Voronež, dove resterà fino al maggio del 1937 lavorando per la radio locale e per la filodrammatica. Dal giugno del 1937 fino a febbraio del 1938 vive in una oscura località sulla riva destra del Volga. La mattina del 2 maggio 1938 viene di nuovo arrestato e condannato a 5 anni di deportazione per “attività controrivoluzionaria”. D’ora in poi, le uniche notizie certe lo danno in un“lager di transito” nei pressi di Vladivostok. È il 12 ottobre del 1938. Secondo la comunicazione ufficiale inviata ai parenti due anni più tardi, Mandel’štam si sarebbe spento il 27 dicembre 1938.

Prima rappresentazione:

2013

Eseguita dal vivo dagli attori “acmeisti”
Armando Leopaldo, Domenica Lorini, Paolo De Lucia, Tatyana Kachurina, Lorenzo Biggi, Paola Facchetti, Ilaria Fuso, Federica Lancini, Daniele Ghirardi

Incorniciati dalla scena disegnata da
Marco Amedani e Denise Bagno

Illuminati da
Renato Rossi

Accompagnati dalla minuscola orchestra “GUL SLOVO I KUL’TURA”
Carlo Citterio piano, Claudio Gioiosi fisarmonica, Stefano Lonati violino

Drammaturgia e regia di
Antonio Fuso