(da Contagi in San Desiderio n° 0 – novembre 1990)

San Desiderio: un luogo.

Ma bisognava sistemarne i muri, il tetto; arredarne l’interno. Ci volle tempo; e consensi e convergenze di amicizia e lavoro. E il guscio del luogo fu fatto. E il luogo è: ora, aperto all’accoglienza.
San Desiderio: un centro di cultura.

E nasce la domanda insidiosa (?).
Perché ancora un centro, se moltissimi già ne esistono, in Brescia (e fuori di Brescia), utili spesso solo ai loro dirigenti (che soddisfano con il possesso e il governo le loro ambizioni istituzionalizzate e il bisogno — troppo
conclamato, a volte — di una verità che si confonde con l’aggregazione facile e devota): centri, per questo, piuttosto spenti e sovente agonici?
Perché aggiungerne un altro?… Perché?

La prassi del luogo, la sua frequentazione e gli accenti dei futuri diranno, con il «fare» e il «dire», il perché. All’inizio dell’opera tuttavia, umilmente, nel dichiarare che il luogo è aperto a tutti coloro che sono pronti a discutere, a proporre, a vivere del «proprio» pensiero liberamente (sottolineiamo questo avverbio: liberamente) avanziamo l’ipotesi che un centro di cultura, oggi, nasce e vive solo se trae la sua linfa dalla crisi dell’epoca… e se ne alimenta.
Qui sta il punto centrale della questione; perché è da qui che devono muovere le coscienze (punto di crisi, di tensione, di verità). SAN DESIDERIO non è aperto ai pacifici, ma agli inquieti; non ai sicuri, ma ai dubbiosi; non agli accomodati (o accomodanti), ma ai tormentati. Chi ha certezze e convinzioni (indiscutibili) perché dovrebbe frequentare il luogo del dubbio e della libera ricerca (per la quale non valgono le limitazioni, e non contano i condizionamenti?). San Desiderio tuttavia non vuol essere un ambiente terapeutico, ma uno spazio di gloria!… (perché niente rende più felice l’uomo di riconoscersi «creativo»: dalla creatività nasce il futuro!).

È la singolarità (nel senso kierkegardiano …ed oltre… ) che ci preme. E la «singolarità», che è angoscia… è il punto alto della socialità, scrive Nietzsche.
A San Desiderio si vuol comunque essere tessitori di speranza.
Oggi in discussione è l’essere. Di più: la stessa coscienza unitaria dell’uomo è in discussione. Ed è per questa frazionatura (psicologica e strutturale … biologica ed ontologica … non storica, ma ineluttabile) che tutto è allo sbando: la scienza, la religione, l’arte, la politica. Quale sequenza di lapidi nella penombra del cimitero della nostra civilissima cultura. (Mane nobiscum — Domine — quoniam advesperascit: Lc. 24,29). Nessuno ormai, come tutti constatiamo, può affermare alcunché … che subito egli può essere contraddetto: è contraddetto … Che se poi, un giorno l’I.A. costruirà (pare che la questione dipenda solo da un eventuale congruo capitale a disposizione) una macchina pensante (pensante!), dove si caccerà mai l’essere parmenideo, dove ritroveremo quella realtà che chiamiamo uomo, disunito ormai nella coscienza e nella mente?
(Bisognerà organizzare un’«animazione» degli spiriti dopo quella dei corpi? La risposta è !).
Seppur tutto è rappresentazione, quando cesseremo di essere attori e diventeremo autori, facitori di «iniziazione» a Shamballa?

Viviamo un tremendo momento di crisi… ma affascinante… gaudioso.
La luce sul colle splende per l’energia viva di una lunga meditazione che vi si è accumulata, energia ora domata da coloro che lo hanno salito (e lo saliranno)… per ascoltare… per parlare… per sperare!…
Siano le parole future pesanti come pietre e chiare e cristalline come le acque di Santo Francesco e di Petrarca.
Hanno essi tormentosamente tentato, alcuni secoli fa, di introdurre il «privato» nel «pubblico»… Allora la coscienza moderna del mondo si aprì e l’Umanesimo cantò la nascita di un tempo «nuovo»… e vibra la sua voce ancora senza scampo…

Libero, aperto, confortante e in pace, il luogo dell’ascolto apre le porte. Si ridirà, in San Desiderio, a voce alta, ciò che altrove si ode… dovunque sulla terra, dentro le menti e i cuori.
E sia ogni viandante, il benvenuto!…

Emo Marconi

San Desiderio PRIMA

San Desiderio DOPO