Schede degli spettacoli teatrali

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La Passion

di Charles Péguy

 

Non esiste un’opera autonoma con questo titolo nella bibliografia di Péguy. Essa infatti la si trova in forma di cammeo, nel ben più celebre Mystère de la Charité de Jeanne d’Arc nell’edizione del 1910. È il racconto della Passione e morte di Cristo fatto da Madame Gervasie, una popolana spesso presente nei Mystères.

Narra la leggenda che un pomeriggio, mentre era impegnato in tipografia nella correzione delle bozze di Jeanne d’Arc, all’improvviso gli scaturisse il tema della Passione e di come egli fosse spinto a scriverlo lì, su due piedi tra il rumore e il ritmo delle macchine tipografiche, e che per questa ragione lo componesse nel verso spezzato, rompendo lo schema stilistico della sua prosa, inaugurando così una forma poetica nuova. Leggenda a parte, l’irruenza della intensità lirica, ha reso subito concreto il suo linguaggio particolare. La frase sembra riprodurre il movimento di un pensiero che si cerca e si precisa nel momento stesso in cui diventa parola. I sinonimi s’accumula tumultuando; ma il meccanismo che li mette in ordine, non lascia niente al caso. Lo scrittore segue il filo di una riflessione metodica e tenace che con ogni nuovo termine, cerca di precisare l’obbiettivo; procede per ondate successive dove ognuna ricopre e supera la precedente: E anche lei era salita, salita./ Nella ressa, un po’ indietro./ Salita al Golgotha./ Sul Golgotha./ Sulla sommità./ Fino alla sommità./ Nel luogo chiamato Golgotha./ Cioè la piazza del Cranio./ Dove ora egli era crocifisso./ E ora anche lei aveva scalato il suo Calvario. Péguy non indugia, né può farlo, nella modalità della metrica regolare: le sue espressioni si presentano in frasi brevi e staccate, insistono, ritornano, si succedono, spesso indipendenti da ogni legame sintattico, a volte separate le une dalle altre.

Sono composizioni ricche di armonie e risonanze, ma anche di un vigore popolaresco, nutrite di “vita carnale”, che le portano verso l’alto in un’atmosfera di alto lirismo. Un racconto scarno, che s’impone per potenza e chiarezza ma soprattutto per la sua fedeltà alla realtà umana. Qui il pensatore, il polemista, il filosofo, lo storico lasciano il campo a un uomo vivo e al poeta che scrive parole di luce e di speranza, partecipando totalmente al tormento di una madre che assiste impotente alla morte in croce dell’unico figlio.

Prima rappresentazione:

2015

Il corpo e il coro:
Domenica Lorini, Paola Facchetti, Federica Lancini

Il canto:
Francesca Provezza

Il suono:
Claudio Gioiosi

Drammaturgia e regia:
Antonio Fuso